Frutti “dimenticati” che dovresti assolutamente provare a coltivare nel tuo giardino

Esistono nel mondo una serie di frutti di cui ormai abbiamo perso memoria ma che nel passato avevano un largo impiego. Si tratta di esemplari che sono ricchi di nutrienti e abbandonarli è un vero peccato. I nostri antenati infatti conoscevano bene i benefici che questi frutti apportavano. Oggi sono difficili da trovare in commercio quindi perché non provare a “rispolverarli” un po’ e riportarli alla luce?

giuggiole, corbezzoli e carrube

La parola “tradizione” a volte riconduce la mente a immagini di oggetti vecchi, tristi e polverosi accantonati in un angolo. In realtà la tradizione è un qualcosa che ci vincola al passato senza tenerci ancorati perché anche essa è in realtà in continua evoluzione. Ricominciare a coltivare questi frutti può essere il nostro primo passo per avere di nuovo a tavola qualcosa che faccia da ponte tra presente e passato. È importante continuare a dialogare con tutte quelle tradizioni che rafforzano il legame con le nostre radici, soprattutto se fanno bene alla nostra salute.

Disporre il proprio orto o il proprio giardino alla coltivazione di questi frutti non è solo un’attività piacevole ma serve anche a mantenere la biodiversità. Il concetto di biodiversità ha sempre avuto un ruolo preponderante per la vita sulla Terra. Con questo termine si intende infatti la molteplicità di esseri viventi che abitano il nostro pianeta nei rispettivi ecosistemi. Preservarla è importante perché è la base del nostro nutrimento e ci fornisce le riserve di energia necessarie al nostro sostentamento.

Esiste un elenco 15 frutti dimenticati che dovrebbero essere assolutamente riportati in vita. Sono belli alla vista, hanno colori sgargianti e pullulano di vitamine. Le piante in questione da cui nascono sono il mirto, il melo cotogno, il giuggiolo, il corniolo, il corbezzolo, il sorbo domestico, l’olivello spinoso, il nespolo comune, l’azzeruolo, il ciliegio bianco, la rosa canina, il pero volpino, il bricoccolo, il pero cotogno e il gelso.

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